“Il dato Eurispes rispecchia per grandi linee quanto giá accade da anni nei nostri centri antifumo. Nonostante l’allarmismo diffuso anche dalle organizzazioni sanitarie più blasonate, resta confermato il fatto che le nuove tecnologie senza combustione a contenuto di nicotina aiutano i fumatori a smettere di fumare” – così il prof. Riccardo Polosa, fondatore del Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università degli Studi di Catania (CoEHAR), ha appena commentato i dati diffusi dal Rapporto Eurispes “Fumo: nuovi prodotti e riduzione del danno” presentato oggi a Roma.
L’indagine, che ha coinvolto 1.135 fumatori italiani, ha sondato le abitudini e le opinioni dei tabagisti in relazione al fumo, al suo impatto sulla salute, allo sviluppo e alla diffusione dei prodotti alternativi a quelli tradizionali. Le persone intervistate sono nel 53,7% fumatori da più di 10 anni. Circa la metà consuma più di 10 sigarette al giorno, il 15,2% oltre 20, il 33% da 11 a 20. Interpellato rispetto al desiderio di smettere di fumare, solo il 9% afferma di volerlo fare entro sei mesi; il 18,3% non ha alcuna intenzione di abbandonare il ‘vizio’; il 26,6% “dovrebbe ma non vuole”; il 28,5% “dovrebbe ma non crede di riuscire”; il 17,6% “vorrebbe ma non in tempi brevi”. Tuttavia – sottolineano gli esperti Eurispes – dall’indagine emergono “una forte volontà e la necessità di essere informati sulle possibili conseguenze del fumo“.
Alla domanda: “Se fosse scientificamente provato che esistono prodotti del tabacco meno dannosi rispetto a quelli tradizionali, vorrebbe esserne a conoscenza?”, l’82,8% ha risposto positivamente. La maggioranza dei fumatori, inoltre, sarebbe disposta a cambiare prodotto abituale a favore di uno meno nocivo per la salute: il 17,8% lo farebbe “sicuramente”, il 43,9% “probabilmente”, mentre non sarebbe “sicuramente disposto” uno su dieci e non lo sarebbe “probabilmente” il 28,5%.
Eurispes ha inoltre sondato le opinioni degli italiani rispetto al ruolo che dovrebbe avere lo Stato. Gli intervistati affermano che, nel caso in cui fosse provato scientificamente che esistono prodotti meno dannosi rispetto a quelli tradizionali del tabacco, lo Stato “dovrebbe permettere che i cittadini siano informati” (86,7%), “mettere in atto direttamente specifiche campagne di informazione” (77,6%), “incentivare tali prodotti dal punto di vista fiscale” (71,1%), “incentivare tali prodotti dal punto di vista regolamentare” (59,8%).
“Nel campione utilizzato, il 66% degli utilizzatori ha dichiarato di aver smesso di fumare completamente. Il fenomeno della doppia utilizzazione si rivela limitato solo al 6%. Sono dati confortanti che presumo siano la conseguenza dell’ottimale accoppiamento consumatore – prodotto, tipica della popolazione oggetto dell’intervista – ha aggiunto il prof. Polosa -. Molti degli svapatori inoltre dichiarano di affidarsi al proprio medico di base per i problemi legati al tabagismo ed è di ieri la notizia che anche l’Australia, adeguandosi alle politiche sanitarie del Regno Unito, nonostante una storica ostilità, ha inserito le ecig nell’elenco degli strumenti che i medici possono consigliare per aiutare coloro che non riescono a smettere. Non è mai troppo tardi. Questa potrebbe essere una buona occasione anche per le nostre autoritá sanitarie di guardare con rinnovato ottimismo a queste tecnologie per essere vincenti nel contrasto al tabagismo e per dare il via a una straordinaria opportunitá di salute pubblica”